La relazione di attaccamento dei nostri primi tre anni di vita ha conseguenze non trascurabili sulla salute del futuro adulto
L’importanza del legame di attaccamento è conosciuta da molto tempo, ma ancora oggi è spesso sottovalutata. Quasi nessuno ne parla e la persona comune generalmente ne è all’oscuro. Oltretutto non ne abbiamo pressoché memoria, poiché questa relazione si realizza nei primi tre anni di vita. Eppure, così precocemente, getta le basi della nostra personalità.
Occorre precisare che gli studi qui proposti, sono stati fatti principalmente su popolazioni occidentali; tuttavia, le ricerche di tipo etologico, basate sullo studio del comportamento con i relativi correlati neurobiologici, hanno permesso di trovare gli invarianti della relazione di attaccamento, non solo in diverse culture, ma addirittura in tutti i mammiferi studiati, per i quali le cure parentali sono così essenziali. Di fatto, il legame di attaccamento è molto antico in termini di evoluzione. Diviene pertanto fondamentale affrontare l’argomento adottando un approccio comparato.
Cos’è il legame di attaccamento
Bowlby si dedicò alla comprensione della relazione di attaccamento soprattutto nell’uomo, ma formulò la Teoria dell’Attaccamento (1969-1982) prendendo spunto dagli studi di etologia sugli animali non umani (es. Lorenz, 1935, Harlow e Harlow, 1962). L’attaccamento, secondo un approccio comparato, è definito come lo specifico legame relazionale che si instaura tra il cucciolo e il caregiver (datore di cure), fatto di odori, suoni, immagini e stimolazioni somatosensoriali (sintesi in Feldman, 2012). La figura di riferimento (due per la specie umana) è insostituibile. Così, in un periodo di particolare sensibilità, in una fase precoce dello sviluppo, il cucciolo “assorbe” il modello di attaccamento in relazione al caregiver per diventare competente in termini di sopravvivenza e riproduzione. Il periodo sensibile dell’attaccamento (Klaus e Kennell, 1982), che probabilmente ha inizio con il concepimento, per l’essere umano termina entro i tre anni di vita.
In altre parole, nel giovane individuo si giunge a formare così precocemente un modello operativo interno del caregiver, per cui le prime esperienze relative all’attaccamento vengono alla fine trasformate in rappresentazioni interne (Bowlby, 1973). Queste rappresentazioni avranno prevedibili riflessi sulle situazioni riguardanti l’attaccamento per tutto il corso della vita, e su esperienze fortemente cariche di tensione, esercitando una funzione regolatrice. Se, in tale processo, si realizza quello che Bowlby definisce un attaccamento sicuro (es. Bowlby, 1969, 1982), si instaura la fiducia originaria (Erikson, 1953): la fiducia nel caregiver determinerà lo sviluppo della fiducia in sé stesso e negli altri. In altre parole, la figura di attaccamento rappresenta una base sicura da cui il cucciolo parte per esplorare il nuovo ambiente, sociale e non. Se il piccolo è impaurito, può tornare dal caregiver. Così, nel cucciolo di macaco il contatto con la madre porta al rallentamento del battito cardiaco e alla riduzione dei livelli sierici di cortisolo, esercitando un effetto calmante (es. Suomi, 1999).
Mancato o turbato attaccamento e conseguenze per la salute
Il “pianto” in fase di attaccamento è essenziale per ristabilire il contatto con il caregiver: in tutti i cuccioli dei mammiferi è presente il circuito neuronale del pianto, rimasto per lo più invariato nel corso dell’evoluzione (Newman, 2007). Se il datore di cure. poi, non torna presente al cucciolo entro un dato lasso di tempo, l’ansia del piccolo sarà sostituita da depressione con la rottura irreversibile del legame di attaccamento (Bowlby, 1969, 1982; Hofer, 2006). Tuttavia, un mancato o turbato attaccamento può realizzarsi anche se il caregiver non fornisce cure adeguate al cucciolo, come nel caso di madri iperprotettive (es. Maestripieri, 1998). Per tutti i mammiferi, essere umano compreso, le ripercussioni a lungo termine del mancato o turbato attaccamento, coinvolgono l’intero sistema organismo. Si parla di più o meno gravi alterazioni comportamentali, emozionali e fisiologiche, tra cui l’aumento dell’ansia in situazioni di stress, il rapido rallentamento dello sviluppo, l’assenza di minaccia vocale e quindi l’incremento dell’aggressività fisica, la ridotta capacità di apprendimento, la comparsa di disturbi respiratori simili all’asma e di disturbi gastrointestinali. Nei casi più gravi si verifica anche mortalità infantile (roditori: es. Levine, 1994; Mc Cormick, 1998; Pryce et al., 2004; primati non umani: es. Ottenberg et al., 1958 – gatti, Seitz, 1959 – umani: es. Spitz 1945, 1951; Bowlby, 1969; Duhrssen, 1960; Ainsworth, 1969).
Anche nell’essere umano i disturbi dell’attaccamento sono piuttosto frequenti: se il rapporto con il caregiver è assente o turbato si sviluppa una sfiducia originaria (attaccamento insicuro ambivalente e attaccamento di tipo evitante – Ainsworth, 1969), che porterà a conseguenze irreversibili più o meno gravi. Oltre ai sopracitati effetti sulla salute, tra le più comuni psicopatologie legate ai disturbi dell’attaccamento vi sono la depressione, il disordine post-traumatico da stress e la sindrome borderline (es. Heim e Nemeroff, 1999; Takeuchi et al, 2002; Henessy et al., 2010; Levy et al., 2011). Come dimostrato da numerosi studi di psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), il solo stress cronico è causa di infiammazione nell’organismo (Solomon et al., 1964; Danese et al., 2008; Danese e Lewis, 2017) e quindi della comparsa di numerose patologie, tra cui disturbi cardiovascolari e cancro (Antoni et al., 2006; Couzin-Frankel, 2010)
Effetti intergenerazionali del legame di attaccamento
Già a metà del’900, gli strazianti esperimenti dei coniugi Harlow (1962) hanno evidenziato l’esistenza di effetti intergenerazionali del legame di attaccamento. Essi allevarono dei cuccioli di macaco privandoli della madre. I piccoli potevano disporre solo di zimbelli materni, fatti di stoffa oppure di un telaio metallico, dotati di un poppatoio. Le scimmie allevate in questo modo, se sopravvissute, divennero più avanti “cattive” madri: si lasciavano portare via i piccoli senza opporre resistenza, non li allattavano o lo facevano solo dopo qualche tempo, giungendo fino a maltrattarli. Fleming (1999) ha ipotizzato che vi sia una trasmissione di generazione in generazione dell’esperienza dell’attaccamento ricevuta in fase di cucciolata; essa andrebbe a sommarsi all’assetto genetico e all’esperienze intrauterine e ormonali pre e post natali. Tutte queste influenze regolatrici agirebbero di concerto nel determinare il comportamento di caregiving del futuro adulto. Studi di epigenetica stanno sempre più confermando questa ipotesi: nei ratti, madri che hanno ricevuto scarse cure materne (scarso grooming e comportamento di leccata), a loro volta curano meno i loro cuccioli. Ciò sarebbe dovuto all’effetto del silenziamento genico (metilazione del DNA), in fase di attaccamento, di specifici geni regolatori encefalici, che dovrebbero normalmente essere attivati durante lo sviluppo (Caldji e al., 1998; Youngson e Whitelaw, 2008). L’essere umano non fa eccezione: adulti che hanno avuto nell’infanzia un legame di attaccamento sicuro, tendono ad avere figli con attaccamento sicuro nei loro confronti; lo stesso accade per individui con attaccamento disturbato (Van Ijzendoorn, 1992; Teti et al., 1995) nei quali, come per altri mammiferi, si verifica un’alterazione dei circuiti nervosi coinvolti nella risposta allo stress (sintesi in Numan e Insel, 2003). Tali modificazioni sembrano anche ereditabili da una generazione all’altra (Lane et al., 2014).
Quindi, come affermano Numan e Insel (2003): “In particolare per gli animali sociali, come noi, è difficile immaginare qualsiasi processo comportamentale che sia più intrinsecamente importante dell’Attaccamento”.
In conclusione, occorre fermarsi un attimo e riflettere su quanto sia importante il comportamento di cura dei genitori o di altre figure di riferimento sostitutive per l’essere umano, nonostante le diverse culture di appartenenza (es. Ainsworth, 1967; Eibl-Eibesfeldt, 1983; Posada et al., 2004).
Se il caregiver è capace di interpretare e di rispondere in modo adeguato ai bisogni biologici del bambino, a rispettare i suoi ritmi, potrebbe riuscire a fornire un “supporto all’autonomia“, permettendo così l’emergere dei processi di autoregolazione (Bowlby, 1969; Landry et al., 2000; Bernier et al., 2010). Diviene fondamentale, laddove possibile, interrompere gli effetti intergenerazionali di un mancato o turbato attaccamento: in tal modo si può agire in termini di prevenzione di molti disturbi fisio-psicopatologici, e orientarsi verso la promozione della salute del futuro adulto (Montessori, 1952).
Dott.ssa Flora Ricci Barbini
Biologa Etologa e Nutrizionista
Bibliografia
Ainsworth M.D.S. (1967). Infancy in Uganda: infant care and the growth of love. Baltimore: Jhons Hopkins University Press.
Ainsworth M.D.S. (1969). Individual Differences in Strange-Situational Behaviour of One-Year-Olds. HR Schaffer (Ed).
Antoni M.H., Lutgendorf S.K., Cole S.W., Dhabhar F.S., Sephton S.E., McDonald P.G., Stefanek M., Sood A.K. (2006). The influence of bio-behavioural factors on tumor biology: pathway and mechanisms. Nat. Rev. Cancer. 6(3): 240-248.
Bernier A., Whipple N, Carlson S.M. (2010). From external regulation to self-regulation: early parenting precursors of young children’s executive functioning. Child Development, 81 (1): 326–339.
Bowlby J. (1969). Attachment and Loss: vol. 1 Attachment. New York: Basic Books.
Bowlby J. (1973). Attachment and Loss: vol. 2. Separation: anxiety and anger. New York: Basic Books
Bowlby J. (1979). The making and breaking of affectional bonds. London: Tavistock.
Bowlby, J. (1982). Attachment (2nd ed.). New York: Basic Books.
Caldji C., Tannenbaum, B., Sharma S., Francis D., Plotsky P.M., Meaney M.J. (1998). Maternal care during infancy regulates the development of neural systems mediating the expression of fearfulness in the rat. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 95 5335-5340.
Couzin-Frankel J. (2010). Inflammation bares a dark side. Science. 330 (6011): 1621-1621
Danese A., Lewis S.J. (2017). Psychoneuroimmunology of early-life stress: the hidden wounds of childhood trauma? Neuropsychopharmacology. 42(1): 99-114.
Danese A., Moffitt T.E., Pariante C.M., Ambler A., Poulton, R., Caspi A. (2008). Elevated inflammation levels in depressed adults with a history of childhood maltreatment. Arch Gen Psychiatry. 65(4):409-416
Duhrssen, A. (1960). Philosophic alienation and the problem of other minds. The Philosophical Review, 211-220.
Eibl-Eibesfeldt I. (1983). Patterns of parent-child interaction in a cross-cultural perspective. The behavior of human infants. 177-217.
Erikson, E.H. (1953). Wachstum und Krisen der Gesunden Personlicheit, Klet, Stuttgart.
Feldman R. (2012). Oxytocin and social affiliation in humans. Hormones and Behavior. 61:380-391.
Fleming A. S., D.H. O’Dayb, G.W. Kraemerc. (1999). Neurobiology of mother–infant interactions: experience and central nervous system plasticity across development and generations. Neuroscience and Biobehavioral Reviews 23 673–685.
Harlow HF, Harlow MK (1962). Social deprivation in monkeys. Scientific American 207:136 –139.
Heim C., Nemeroff C.B. (1999). The impact of early adverse experiences on brain systems involved in pathophysiology of anxiety and affective disorders. Biol. Psychiatry. 46: 1509-1522.
Hennessy M.B., Deak T., Schiml-Webb P.A. (2010). Early attachment-figure separation and increased risk for later depression: potential mediation by proinflammatory processes. Neurosci Biobehav Rev. 34(6): 782–790.
Hofer, M.A. (2006). Psychobiological Roots of Early Attachment. Current Directions in Psychological Science 15/2: 84.
Klaus, M. H., Kennell, J. H. (1982). Parent– infant bonding. St. Louis: C. V. Mosby Co.
Landry, S.H., Smith, K.E., Swank, P.R., Miller-Loncar, C.L. (2000). Early maternal and child influences on children’s later independent cognitive and social functioning. Child Development, 71: 358–375.
Lane M., Robker R.L., Robertson S.A. (2014). Parenting from before conception. Science. 345 (6198), 756-760.
Levine S. (1994). The ontogeny of the hypothalamic-pituitary-adrenal axis: The influence of maternal factors. Ann N Y Acad Sci: 275–293.
Levy K.N., Beeney J.E., Temes C.M. (2011). Attachment and its vicissitudes in borderline personality disorder. Curr Psychiatry Rep. 13:50–59
Lorenz K. (1935). Der Kumpan in der Umwelt des Vogels. J. Ornithol, 83 (1935), pp. 289–413.
Maestripieri D. (1998). Parenting syles of abusive mothers in group-living rhesus macaque. Animal behaviour 55: 1-11.
McCormick C. M., Kehoe P., Kovacs S. (1998). Corticosterone release in response to repeated, short episodes of neonatal isolation: Evidence of sensitization. International Journal of Developmental Neuroscience, 16: 175–185.
Montessori, M (1952). La mente del bambino. Garzanti Editore, Milano
Newman JD. (2007). Neural circuits underlying crying and cry responding in mammals. Behavioural Brain Research 182: 155–165.
Numan, M., Insel, T. R., (2003). The neurobiology of parental behaviour. Springer-Verlag New York.
Ottenberg, P., Stein, M., Lewis, J. Hamilton, C. (1958). Learned asthma in the guinea pig. Psychosomatic Medicine. 20: 395.
Posada G., Carbonell O.A., Alzate G., Plata S. (2004). Through Colombian lenses: ethnographic and conventional analyses of maternal care and their associations with secure base behavior. Developmental Psychology. 40(4): 508-518.
Pryce C. R., A. C. Dettling, M. Spengler, C. R. Schnell, J. Feldon (2004). Deprivation of Parenting Disrupts Development of Homeostatic and Reward Systems in Marmoset Monkey Offspring. Biological Psichiatry 56: 72–79
Seitz, P. F. D. (1959). Infantile Experience and Adult Behavior in Animal Subjects II, Age of Separation from the Mother and Adult Behavior in the Cat. Psychosomatic Medicine. xxi, N°. 5: 353-378.
Solomon G.F., Moos R.H., Stone G.C., Fessel W.J. (1964). Peripheral vasoconstriction induced by emotional stress in rats. Angiology. 15 (8), 362-365.
Spitz, R. A. (1945). Hospitalism: an inquiry into the genesis of psychiatric conditions in early childhood. Psychoanalytic Study of the Child, 1, 53-74.
Spitz, R.A. (1951) The Psychogenic Diseases in Infancy, The Psychoanalytic Study of the Child, 6:1, 255-275
Suomi S.J. (1999). Attachement in rhesus monkeys. In: handbook of attachement. Theory, research and clinical applications (Cassidy J.,Shaver P.R., eds). Pp 118-132. New York: Oxford University press.
Takeuchi H., Hiroe T., Kanai T., Morinobu S., Kitamura T., Takahashi K., Furukawa T.A. (2002). Childhood parental separation experiences and depressive symptomatology in acute major depression. Psychiat Clin Neurosci. 53:215–219
Teti D.M., Gelfand D.M., Messinger D.S., Isabella R. (1995). Maternal depression and the quality of early attachment: an examination of infant, pre-schoolers and their mothers. Dev. Psychol.. 31: 364-376.
Van Ijzendoorn, M.H. (1992). Intergenerational transmission of parenting: a review of studies in non clinical populations. Dev. Rev. 12: 76-99.
Youngson N.A., Whitelaw E. (2008). Transgenerational epigenetic effects. Annu. Rev. Genom. Human Genet. 9:233-257.