“Se tu mi tocchi con dolcezza e tenerezza,
se tu mi guardi e mi sorridi,
se qualche volta prima di parlare mi ascolti,
Io crescerò, crescerò veramente”.
(Bradley, 9 anni)
Un detto caro agli analisti transazionali: “Se un bambino non viene accarezzato, la sua spina dorsale appassisce”. Questo ‘monito’ ci fa intuire che essere stimolati costituisce uno dei bisogni primordiali degli organismi evoluti.
René Spitz (1945) ha osservato che i neonati privati di stimolazioni fisiche tendono al declino e sono più vulnerabili alle malattie, se non addirittura alla morte. In seguito, Eric Berne (1964) ha concluso che la mancanza di stimoli sensoriali ed emotivi genera una catena biologica che attraverso l’apatia giunge fino a stati degenerativi e alla morte. Perciò al fine della sopravvivenza dell’organismo umano, la fame di stimoli è ugualmente importante alla fame di cibo.
Parallelamente allo sviluppo dell’infante si verifica anche uno spostamento da una fame di stimolo a un’altra fame, che Eric Berne definisce “fame di riconoscimento”, che corrisponde al bisogno di ciascuno di noi di essere visto e riconosciuto dall’altro.
Carezza come unità di riconoscimento
Poiché il contatto cinestesico è essenziale alla sopravvivenza e allo sviluppo fisico-mentale dell’individuo, lo scambio di carezze permane come una delle attività umane più importanti. Ognuno di noi ha bisogno di essere toccato e di essere riconosciuto dagli altri; la fame di essere toccati e riconosciuti può essere appagata con le carezze. Proprio per questo la carezza è qualsiasi atto che implichi il riconoscimento della presenza dell’altro. Possono essere date carezze in forma di reale contatto fisico o in forma simbolica, come uno sguardo, una parola, un gesto o qualsiasi azione che significhi “so che ci sei”.
A ciascuno le proprie carezze
Le carezze che si ricevono da un’altra persona sono necessarie e salutari per il buon funzionamento della nostra psiche e soddisfano la massima parte del nostro bisogno di stimolazioni. Le carezze positive danno alla persona una sensazione di benessere, di vitalità e importanza. Ad un livello più profondo, aumentano il senso di benessere della stessa e donano una conferma della sua esistenza. Le carezze autentiche, appropriate e non eccessive, nutrono la persona e la aiutano ad essere più consapevole delle proprie abilità e risorse. Le carezze negative sono dolorose e possono concludersi con una spiacevole sensazione in chi le riceve. Comunque sia, ogni persona è libera di scegliere quali carezze dare e ricevere, così che la sensazione finale di come una persona si sente risieda in lei stessa.
Esistono le carezze interne (intrapsichiche), che si tengono in serbo nella raccolta dei ricordi, siano esse positive che negative, che tornano utili quando si è a corto di carezze attuali significative. Una carezza incondizionata è rivolta all’essere ed esiste naturalmente senza richiedere sforzi particolari; una carezza condizionata è rivolta al fare e se usata in modo coerente e appropriato può essere un buon modo per trasmettere alle persone risposte sane e adeguate.
Nello scambio di carezze risulta fondamentale il riconoscimento della responsabilità di ognuno, non solo di chi le invia, ma anche di chi le riceve: chi le invia si assume la responsabilità del messaggio, chi le riceve di accoglierle o respingerle assieme agli stati d’animo che ne conseguono. Tutti hanno bisogno di carezze e se non ne ricevono abbastanza di positive, fanno in modo di avere almeno quelle negative. Ricevere attenzione negativa è meglio che non riceverne affatto e ciascuno preferisce dei riconoscimenti negativi alla deprivazione totale; anche se comunque un genitore che svaluti i sentimenti e i bisogni di un bambino ne ostacola il suo sano sviluppo.
Filtro delle Carezze
Ogni carezza ha un certo potere di stimolazione, e la disparità tra carezze positive e negative esiste perché le carezze negative sono molto più potenti di quelle positive. Non solo possono essere date in modo più potente, ma gli esseri umani sono psicologicamente strutturati in modo tale che le carezze negative abbiano un impatto maggiore. Il nostro istinto di sopravvivenza esige che reagiamo agli stimoli negativi con più immediatezza ed energia di quella che occorre per quelli positivi. La gente vuole le carezze positive, ma deve fare attenzione a quelle negative.
Ogni persona ha un suo particolare filtro di carezze che funziona in modo tale da lasciare entrare certi tipi di carezze e informazioni e lasciarne fuori altre. Questo processo è influenzato da individuali propensioni, modelli di apprendimento, interessi personali e convinzioni di ogni persona. A volte il filtro funziona come un meccanismo di svalutazione, per conservare il quadro di riferimento della persona stessa. Se la carezza entra perfettamente nel quadro di riferimento, verrà accettata, se invece si adatta solo parzialmente, il filtro delle carezze la può respingere o modificarla affinché si adatti.
I filtri di molte persone sono molto fitti e lasciano passare molto poco. Una gran quantità di filtri lascia passare soprattutto carezze negative, mentre altri possono dare il consenso per carezze condizionate positive. Molte persone hanno filtri con pochi buchi, ma larghi, che lasciano passare informazioni e carezze che non sono in armonia tra loro. Altri hanno filtri porosi che lasciano passare quasi tutto con flessibilità e ampie opportunità al fine di cambiare il loro quadro di riferimento.
Certo è che ogni transazione passa attraverso il filtro delle carezze di ognuno di noi e in base a questo, le carezze le accettiamo, modifichiamo o respingiamo.
Il potere delle Carezze
Stare ad ascoltare è una delle più potenti carezze che possiamo fare ad una persona. Per ascoltare in modo virtuoso, concentriamo tutta la nostra attenzione su chi parla. Quando qualcuno è stato ascoltato, la conclusione è che i suoi sentimenti, le sue idee, le sue opinioni sono state realmente sentite e non è stato ignorato. L’ascolto attivo, detto anche ‘ascolto riflessivo’, comporta un feedback verbale sul contenuto di ciò che è stato detto o fatto e una ipotesi su quali siano i sentimenti sottostanti le parole o le azioni. Anche i sentimenti di chi ascolta sono espressi verbalmente e ascoltare veramente non significa esser sempre d’accordo, significa soltanto chiarire e capire sentimenti, punti di vista dell’altrui persona.
Concludendo, possiamo affermare che le nostre vite rappresentano l’espressione creativa della preziosa, unica persona che ciascuno di noi è. Noi siamo l’essenza di ‘ciò che ci è stato dato all’inizio’ e che abbiamo trasformato nel corso del nostro sviluppo. Talvolta la musica che suoniamo si armonizza con quella di coloro che ci circondano; talvolta suoniamo da soli se, come afferma Eric Berne, abbiamo il coraggio di suonare in modi differenti.
Dr.ssa Lara Bortolato
Psicologa – Psicoterapeuta
Bibliografia
– English Fanita, 1988 “Wither Scripts?” T.A.J. vol. 18, n. 4, ITAA permission
Estratto da Neopsiche Rivista di Psicologia e Scienze Umane, anno 9, n. 15, Giugno 1991.
– Romanini Maria Teresa, 2008 “Costruirsi persona”. Ed. La Vita Felice.