Felicità, empatia e compassione

L’empatia e la compassione sono spesso associate al dolore che sentiamo dentro di noi vedendo qualcuno che soffre. Spesso si confondono i due termini. Ma dal sentire cosa sente l’altro (empatia) può sorgere la compassione ed emergere la felicità e il benessere inerenti al nostro più profondo e naturale bisogno di essere di aiuto.

 

Sofferenza, compassione e commiserazione

Sarà utile fare chiarezza sul termine compassione. Qui non si intende la commiserazione dell’altro e della sua sofferenza, non è pietà intesa nel senso comune del termine. Nella tradizione cristiana e buddista, con il termine compassione si vuole intendere il desiderio profondo di portare sostegno e aiuto a chi soffre, anche a sé stessi, per eliminare la sofferenza in ogni sua dimensione. 

Se un dolore fisico o psichico non è di per sé superabile, per carenze oggettive nelle risorse dell’ambiente e della persona, la presenza compassionevole e solidale di qualcuno mantiene ancorato il soggetto nella relazione e nella realtà. 

Un dolore, fisico o psichico, è grandemente influenzato dai pensieri che la persona comincia a creare seguendo i suoi ricordi di precedenti dolori o traumi, che le fanno provare, oltre al dolore in sé, anche la propria sofferenza. Quando si riesce a stare nel dolore in sé, così come è, senza seguire ricordi e proiezioni, per quanto duro esso possa essere, si ridurrà molto più facilmente. Nel dolore e nella sofferenza, tendiamo a chiuderci in noi stessi, a isolarci, a convincerci che siamo gli unici a sentirci così. Questo è naturale, è una difesa. 

Se siamo accompagnati da una persona che è profondamente in contatto con noi, con il proprio sentire e con la spaziosità della compassione, ci si può invece aprire e considerare il dolore in modo diverso.  In questa dimensione si è per forza insieme, alla pari, e non c’è spazio alcuno per la commiserazione.

Stephen Levine era solito dire: “Quando la tua paura tocca il dolore di qualcuno, diventa pietà, quando il tuo amore tocca il dolore di qualcuno, diventa  compassione”

Di fondo, la compassione nasce dall’amore per l’altro e per sé stessi.

 

Felicità e compassione

Come la compassione ci porta benessere e felicità.

 Secondo alcuni autori, la compassione è strettamente legata all’empatia

I mammiferi sono predisposti al sentire cosa sente l’altro. Gli esperimenti sui neuroni specchio ci hanno mostrato che il cervello delle scimmie tende ad attivare le aree deputate al movimento significativo (come prendere la nocciolina per mangiarla) che osservano nell’altro. Questo tipo di attivazione non accade se il movimento non ha nessuna valenza significativa. 

Se vengono esplorate con la RM le reazioni del cervello di un uomo mentre vede, ad es., che la mano della fidanzata viene punta, si vede che vengono attivate in lui le stesse aree del cervello della sua amata. 

Dagli studi di neuroscienze (Klimecki O. M. e Tania Singer 2013) e altri ricercatori, si è evidenziato che l’empatia attiva l’Insula anteriore e la Corteccia cingolata mediale anteriore che sono associate alle emozioni negative.

L’empatia ci porta a sentire il dolore dell’altro e a soffrire dello stesso dolore. 

Tutto cambia quando entriamo nel mondo della compassione che ci stimola ad aiutare l’altro, nella consapevolezza della sua sofferenza. La compassione attiva a livello centrale l’Insula assieme allo Striato  e la Corteccia mediale orbitofrontale, aree tipicamente associate al sistema della ricompensa, dell’amore e dell’affiliazione.

La compassione attiva quindi in noi un profondo senso di connessione, amore e affiliazione. 

La Connessione diventa la parola chiave che porta felicità e benessere

La sopravvivenza dell’uomo, e di tutti i mammiferi, dipende dai suoi simili. I cuccioli di uomo diventano semi-autonomi dopo diversi anni, dipendendo totalmente dalle cure parentali nei primi anni. Questo crea un legame profondo che si forma in realtà ancor prima della nascita, quando il bambino è nel grembo materno. La sicurezza che ci deriva dalle cure parentali ci sostiene per tutta la vita, dandoci supporto ritrovare anche in situazioni difficili, sicuramente con e verso le persone che amiamo e da cui ci sentiamo amate.  Quando questo riferimento interno di profonda connessione manca, la persona si sente disconnessa anche dal gruppo sociale di appartenenza, e si aprirà la strada alla patologia sia fisica, sia psichica che sociale.

 

Compassione e società

Ci sono esperienze di vita che mettono a rischio la sicurezza di base, fanno vacillare il radicamento: discriminazioni sociali, esilio, detenzione, guerre, mobbing, bullismo, razzismo, per esempio.

La compassione, che supera ogni pregiudizio, consente di sperimentare un sentimento di unione profonda. Non si tratta però di simbiosi, nell’adulto sano, ma di un’apertura del cuore e della mente che libera dai limiti dei nostri pensieri oggettivanti e separativi. Si entra in una dimensione trascendente che supera ogni barriera. Si vive nel corpo la connessione profonda che unisce tutti gli esseri viventi, entrando nel paradosso che, pur essendo consapevoli del dolore dell’altro, ci sentiamo in una condizione di spaziosità e piena potenzialità senza restrizioni. Al di fuori da questa dimensione di accoglienza spaziosa, finiremmo con il sentirci invasi e sopraffatti dalla sofferenza altrui e impotenti di fronte ad essa. 

Molti studi hanno evidenziato che la pratica della compassione porta ad un incremento del benessere (Fredrickson, 2008) e del comportamento prosociale (Leiberg, 2011).

 

Consapevolezza e compassione

Quando non siamo in contatto con la nostra sofferenza o ci distacchiamo da essa con vari meccanismi di difesa, non riusciamo a vedere, e sentire il dolore e la sofferenza dell’altro. 

La pratica della consapevolezza mindfulness ci aiuta a sentire  profondamente le sensazioni del nostro corpo e i vissuti, le immagini, le emozioni, i ricordi.   Attraverso questa pratica, cominciamo a distinguere il reale flusso del nostro sentire dai prodotti della nostra mente e dalle nostre proiezioni. 

La stessa cosa accade nella relazione con il mondo esterno a noi (gli oggetti, le persone, le opinioni sugli altri…); la nostra percezione della realtà diventa sempre più limpida e obiettiva; la realtà viene percepita per quello che è, al di là delle nostre proiezioni e pregiudizi.

 

Si può facilmente comprendere che, nella relazione con chi soffre, acquisire questa competenza è fondamentale. 

Si tratta di riuscire ad essere con chi soffre totalmente presenti, consapevoli dei propri pensieri e proiezioni da cui potersi discostare, per poter aiutare in modo incondizionato, stando in contatto con il suo più vero e profondo sentire. Questa connessione con noi stessi e con l’altro permette di aprirsi al dolore così com’è, facilitandone lo scioglimento.  

La disconnessione con noi stessi, invece, comporta il contemporaneo distacco dall’altro che  in tal modo diviene, senza quasi che ce ne accorgiamo, un oggetto da studiare, sezionare, manipolare. Lo reifichiamo.

La medicina attuale è stata culturalmente condizionata da questo approccio che  porta a valorizzare una scienza sempre più avulsa dal reale e distante dal vero bisogno delle persone. 

Riscoprire la compassione come base pulsante e vivificante della relazione di cura permetterà di rifondare la medicina da una prospettiva radicalmente diversa e nuovamente umana.

 

Dott.ssa Bàlzola Maria Antonietta

Medico-psichiatra

 

Bibliografia

Olga M. Klimecki, Tania Singer et AA, (2014). Differential pattern of functional brain plasticity and empathy training. Social Cognitive and Affective Neuroscience, Vol. 9,  https://doi.org/10.1093/scan/nst060

 

Fredrickson B. L., et AA. (2008). Open hearts build lives: positive emotions, induced through loving-kindness meditation, build consequential personal resources. Journal of Personal and Social Psychology, 95(5), https://doi.org/10.1037/a0013262  

Leiberg S., Klimecki O., Singer T. (2011). Short-term compassion training increases prosocial behavior in a newly developed prosocial game. PLoS One, 6, https://doi.org/10.1371/journal.pone.0017798 

TAG: Compassione, empatia, consapevolezza, mindfulness, benessere, emozioni positive, neuroscienze, connessione, comportamento prosociale.

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